Il convegno del marzo 2017 "Il senso nel dolore", dal taglio interculturale, ha appassionato professionisti di varie discipline (medici, filosofi, giuristi, musicologi, scrittori, ecc.).
Riportiamo di seguito il contributo di Marina Sozzi, presidente dell'associazione INFINE Onlus, filosofa, bioeticista, tanatologa di Torino.
Stare nella ferita
Quando parliamo di dolore e, metaforicamente, di ferite, occorre saper discernere tra il dolore come esito dell’ingiustizia, della violenza, dell’indifferenza, del male creato dall’uomo e il dolore esistenziale, che in una certa quota è inseparabile dalla vita umana. Tale distinzione è indispensabile, perché l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’una o dell’altra forma di dolore non è lo stesso. Dobbiamo contrastare il male prodotto da sistemi sociali e politici iniqui, ad esempio, che spinge molti uomini nell’estrema povertà. Ma possiamo accogliere il dolore che deriva dalla perdita di una persona cara o dall’insorgere di una malattia.
Ciò che complica le cose, è che spesso il dolore si presenta in forma mista, e, se si guarda alle sue cause, è talvolta ravvisabile il male anche nella sofferenza esistenziale: ad esempio quando la malattia che si contrae ha cause sociali facili da identificare, come certe forme di cancro cosiddette “ambientali”, che sopraggiungono per essere stati esposti per lavoro a sostanze cancerogene. O anche quando una catastrofe naturale avrebbe potuto non mietere vite umane, e invece causa vittime per l’incuria delle istituzioni preposte alla tutela dei cittadini.
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